sabato, maggio 19, 2007

«Questo è il secolo della pubblicità culturale»

Articolo clamoroso (almeno secondo me) di Alfonso Berardinelli sul Corriere di oggi (per la precisione pag. 47). Tutto è nato da un bell'articolo di Paolo Di Stefano di una settimana che, parlando del Il critico come intruso (Le Lettere) di Emanuele Zinato, ha scatenato un vero e proprio dibattito sul concetto stesso di critica in Italia, sul ruolo dei critici ecc. ecc. Riprendere tutto il discorso sarebbe troppo lunto, comunque oggi Berardinelli ha scritto un po' di cose veramente significative sull'argomento. Dovrei andare a preparare il pranzo quindi ho poco tempo, però posto alcuni estratti particolarmente interessanti dell'articolo, magari poi in futuro approfondiamo il tutto con un po' di calma.

«[...] Rompiscatole vengono invece (sempre di più) considerati i critici, non individui ma in quanto cultura, attitudine mentale, ruolo pubblico. È l'attività critica la cosa che disturba. E sta succedendo che nel mondo letterario il critico che esprime pubblicamente giudizi negativi con pieno uso di argomenti e con una certa passione dialettica sia considerato un "intruso". Nessuno lo ha invitato (a criticare) eppure lui si permette di comparire. [...] L'asto in ascesa oggi è il recensore pubblicitario. [...] Il Novecento è stato definito "il secolo della critica": criticare sembrava liberatorio. Il Duemila potrebbe essere battezzato il secolo della pubblictà culturale. [...] C'è da osservare però che mentre in politca, nello sport, nella vita sociale, in famiglia siao tutti dei grandi critici senza peli sulla lingua, quando si arriva nei territori della filosofia e delle arti si diventa delicati e reticenti: quasi tutti sembrano degli intoccabili. [...] In realtà tutto ciò che è esteticamente scadente e noioso o intellettualmente deprimente e confuso costituisce un pericolo pubblico. [...] Le muraglie di libri pretenziosi considerati importanti che intasano le librerie redono più ottusa lopinione pubblica. E inducono centinaia di brave persone a diventare romanzieri. Il contagio letterario diventa endemico. [...] L'eccesso di quantità nuoce alla qualità, la stupidità e la banalità minacciano da vicino e dall'interno noi intellettuali e artisti come qualsiasi altro essere umano. Anche di più. Sia lode ai rompiscatole che ci mettono ogni tanto in allarme. Perciò, recensori, fatevi coraggio. Una verità ben detta è più eccitante della cocaina. Non siate maldicenti in privato. Quello che pensate, scrivetelo».

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