martedì, gennaio 08, 2008

Cristina Comencini, il senso della realtà e i luoghi comuni

In questi giorni siamo tutti martellati dall'inarrestabile macchina promozionale che precede l'uscita di Bianco e nero, il nuovo film di Cristina Comencini. Impossibile evitare le interviste che hanno tenuto banco su tutti i tg e che oggi occupano tutti i quotidiani e siti internet. Il problema è che è stato impossibile anche evitare la valanga di luoghi comuni che la Comencini ha riversato su di noi a mezzo stampa. A sentire la regista l'idea per il film è nata di ritorno da un viaggio in Ruanda: «Mi si è spalancato un mondo, mi sono resa conto che nessuno, me compresa, aveva un solo amico nero. È stato l'inizio del film». Ma in che mondo vive? Probabilmente non in quello reale, dato che io e la maggior parte delle persone che frequento di amici e conoscenti di colore ne abbiamo parecchi, e da più di dieci anni. Per non parlare poi delle coppie miste che ormai sono all'ordine del giorno, per lo meno in Veneto (questa è la mia esperienza personale, chiaro). Come al solito assistiamo impotenti ai deliri di una categoria di persone che vive in un mondo dorato che nulla ha a che fare con la realtà concreta e che pretende anche di insegnarci a vivere. Il bello è che non si pongono nemmeno il problema che esista una realta altra rispetto alla loro esperienza personale, è questo che mi sconvolge. Pazienza, abbiamo sopportato di peggio.

2 commenti:

Talking Rapper ha detto...

Ma infatti... uno dei miei più fraterni amici è zairese e facendo rap la mia vita è piena di gente con un colore di pelle che va dal giallino cinese al simil-marrone sudcoreano fino al nero fondo del Mali.

Ma il problema, come dicevo, è proprio quello: non sono le ditte ad essere razziste, e non lo è la Comencini: lo è il popolo italiano tutto...

Giacomo Brunoro ha detto...

Il problema non è il popolo italiano: l'uomo è razzista. Lo sono state tutte le civiltà, in maniera e forme diversi. Gli studiosi possono chiamarlo etnocentrismo, ma la sostanza di base è che qualsiasi comunità è ostile verso i diversi. E' un discorso naturale, darwiniano se così si può definire. La cosa naturalmente può essere superata grazie alla cultura ed è questo che l'uomo sta tentando di fare negli ultimi cento anni. Certi discorsi pieni zeppi di luoghi comuni, come quello fatto dalla Comencini, non aiutano a superare il problema perchè non analizzano i fenomeni del disagio di fondo ma ragionano in maniera dogmatica e quindi sterile.