Da piccola cantava «l'Unità il giornale di papà», ora è cresciuta, ha vent'anni e un cognome ancora più ingombrante, Martina Veltroni, assistente alla regia («Mio padre non l'ha presa bene, poi mi ha capita»), si confessa per la prima volta in un'intervista a Vanity Fair, nella quale racconta di aver visto «La Battaglia di Algeri» a 7 anni («A casa si respirava più cinema che politica»), di aver occupato il liceo Tasso contro il governo Berlusconi e di sognare un futuro nel cinema a New York. Martina ha un metodo per difendersi dall'accusa di essere raccomandata: «Lavoro il doppio degli altri».
Io sono letteralmente allibito: qualcuno mi può spiegare di cosa stiamo parlando?!?!?!?!
4 commenti:
Ormai non dico più nulla. Ho un abbonamento a Vanity Fair, stipulato stoltamente qualche tempo fa, quando ancora era un giornale interessante e non una rassegna di divetti da culone. Appena mi arriverà il numero con l'intervista alla figlia di Coso, glielo rispedisco indietro.
Basta, basta, non se ne può più... Il "piazzare" nepotisticamente parenti ovunque è un vizio tutto italico e, in generale, dei paesi sottosviluppati (eticamente). Tra l'altro - anche se non è direttamente il caso della figlia di Veltroni - il mondo del giornalismo è affetto da questo vizio delle pressioni parentali in maniera insopportabile. Lavorano tutti i "figli di...".
no perchè secondo voi è una notizia che un prete metta nel bollettino parrocchiale un fotomontaggio con il papa (però con la faccia di berlusconi) che incontra alì agca?
dal corriere di ieri.
e comunque tommaso, la rivista in questione è ottima da tenere in cesso (lo dico per esperienza personale). se presa entro questi limiti, ne è evidente la funzione. in altri luoghi della casa, invece, potrebbe essere fraintesa e inclusa nella più ampia categoria "giornali(smo)". il che francamente è sovrastiomarne le possibilità.
però dai, un link??? uno solo...
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