martedì, gennaio 20, 2009

Le parole sono importanti? (riflessione estemporanea su cosa siamo diventati)

Leggendo un post di Giulio Mozzi su vibrisse ho trovato questa frase illuminante di don Milani: «Tu sai cento parole, il tuo padrone mille; per questo lui è il tuo padrone». Lorenzo Milani è vissuto tra il '23 e il '67, quindi la frase ci sta a pennello: era un periodo in cui i padroni provenivano davvero da un altro mondo. Erano gli unici a potersi permettere di studiare, di viaggiare, di leggere, di dare un senso attivo all'espressione "tempo libero". C'era una differenza di conoscenza oggettiva tra chi comandava (senza aver mai lavorato un giorno in vita sua) e chi lavorava. Non dico che le cose andassero bene così ma questa struttura aveva un senso, soprattutto per chi ci stava dentro e ne accettava le logiche (che le capisse o meno). Oggi invece io so mille parole, il mio padrone cento (forse), per questo lui è il mio padrone. Questa è la situazione della nostra società. E non solo a Nord Est dove il fenomeno del paròn è forse più accentuato, ma in tutta Italia. E' inevitabile quindi che si crei una frattura, perché chi è dentro a questa logica non riuscirà mai ad accettarla, dato che la capisce perfettamente. L'aspetto paradossale è che le parole vengono considerate sempre più importanti quando di fatto vengono svuotate. Ecco la schizofrenia: il moltiplicarsi incalcolabile delle parole su giornali, blog, libri, radio e tv è ormai direttamente proporzionale alla loro perdita di valore. Eppure io so che le parole sono importanti, lo so e non riesco a togliermelo dalla testa: che sia colpa del kiwi e dell'aspirina di stamattina?

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