In questi giorni ho finito di leggere 78.08, l'ultimo libro di Tommaso Labranca. Precisiamo subito una cosa: questo è davvero un gran libro. Lo sguardo di Labranca è inquietantemente lucido: più che ad un romanzo siamo di fronte ad un impietoso ed ironico trattato di sociologia. Tutto è perfetto, davvero: i personaggi, la storia, lo stile. Alcune invenzioni lessicali sono strepitose, come ad esempio i concetti di kinema² e di SILF. Assolutamente geniali.
Su tutti i personaggi del libro spicca Antonio Maniero, solitario antieroe decadente, in grado di decifrare la realtà che lo circonda e, alla fine, di accettare sereno la sua sconfitta. Una sorta di Zeno Cosini targato .08? Forse, anche se a differenza di quanto accade a Zeno, vincente agli occhi della società, Antonio resta un perdente. Ma la sua consapevolezza è assoluta (e qui sta tutto il fascino del personaggio): siamo di fronte a qualcuno che sa da dove viene, sa dove si trova e, soprattutto, sa molto bene dove andrà. E lo sa perchè ha la forza morale di non raccontarsi balle, ha l'intelligenza per conoscere se stesso e per intrepretare il mondo che lo circonda. Come al solito Labranca riesce ad unire l'altissimo al bassissimo: del resto non è forse questo quello che ci offre la vita tutti i giorni?
78.08 pulula di vita, i suoi tratti distintivi sono profondamente umani (e sto parlando anche di tutti gli elementi indiscutibilmente cattivi che ci sono dentro). Come i personaggi disegnati da Labranca, tutti talmente esagerati da essere reali, fatti di carne. E poi leggendo Labranca si ride, si ride tanto, perché la sua ironia è senza censure, affilata e cattiva come la vita. A volte la risata è amara, ma se si ha la forza e l'onestà intelluttale di guardare oltre ci si accorge che va bene così. Ci sarebbe tantissimo da scrivere, ma sarebbe del tutto inutile: un libro così va letto e basta. Mi piace però sottolineare una cosa: finalmente La Febbre del sabato sera viene raccontato per quello che è: un grande film drammatico, complesso e profondo come pochi. Un film che è stato cannibalizzato dalla sua stessa fama tanto che, ancora oggi, la maggior parte delle persone crede che si tratti di una banale storiella disco, senza avere la minima idea di quello di cui sta parlando.
Segnalo infine un particolare: in 78.08 Labranca parla della Donna Due che, durante le sue serate ultramondane, assiste ad uno spettacolo teatrale di artisti sordomuti del Nicaragua in qualche Kasa Okkupata. Grazie al blog di Tommaso scopro che al Teatro Nuovo di Milano 5 attori sordomuti tunisini daranno vita ad uno spettacolo teatrale. Siamo di fronte all'iperbole stessa che si trasforma in (stra)ordinario, allo scrittore che decodifica e anticipa la realtà in maniera quasi inconsapevole. Credo che da un libro non si possa proprio chiedere altro.
P.S.
Appuntamento imperdibile il 24 giugno: La Febbre del martedì sera, festa per 78.08. Oltre a Tommaso Labranca interverranno Elio Fiorucci, Viola Valentino e Sabina Ciuffini. Special guest: Andrea Roncato. Non c'è davvero nient'altro da aggiungere.
Su tutti i personaggi del libro spicca Antonio Maniero, solitario antieroe decadente, in grado di decifrare la realtà che lo circonda e, alla fine, di accettare sereno la sua sconfitta. Una sorta di Zeno Cosini targato .08? Forse, anche se a differenza di quanto accade a Zeno, vincente agli occhi della società, Antonio resta un perdente. Ma la sua consapevolezza è assoluta (e qui sta tutto il fascino del personaggio): siamo di fronte a qualcuno che sa da dove viene, sa dove si trova e, soprattutto, sa molto bene dove andrà. E lo sa perchè ha la forza morale di non raccontarsi balle, ha l'intelligenza per conoscere se stesso e per intrepretare il mondo che lo circonda. Come al solito Labranca riesce ad unire l'altissimo al bassissimo: del resto non è forse questo quello che ci offre la vita tutti i giorni?
78.08 pulula di vita, i suoi tratti distintivi sono profondamente umani (e sto parlando anche di tutti gli elementi indiscutibilmente cattivi che ci sono dentro). Come i personaggi disegnati da Labranca, tutti talmente esagerati da essere reali, fatti di carne. E poi leggendo Labranca si ride, si ride tanto, perché la sua ironia è senza censure, affilata e cattiva come la vita. A volte la risata è amara, ma se si ha la forza e l'onestà intelluttale di guardare oltre ci si accorge che va bene così. Ci sarebbe tantissimo da scrivere, ma sarebbe del tutto inutile: un libro così va letto e basta. Mi piace però sottolineare una cosa: finalmente La Febbre del sabato sera viene raccontato per quello che è: un grande film drammatico, complesso e profondo come pochi. Un film che è stato cannibalizzato dalla sua stessa fama tanto che, ancora oggi, la maggior parte delle persone crede che si tratti di una banale storiella disco, senza avere la minima idea di quello di cui sta parlando.
Segnalo infine un particolare: in 78.08 Labranca parla della Donna Due che, durante le sue serate ultramondane, assiste ad uno spettacolo teatrale di artisti sordomuti del Nicaragua in qualche Kasa Okkupata. Grazie al blog di Tommaso scopro che al Teatro Nuovo di Milano 5 attori sordomuti tunisini daranno vita ad uno spettacolo teatrale. Siamo di fronte all'iperbole stessa che si trasforma in (stra)ordinario, allo scrittore che decodifica e anticipa la realtà in maniera quasi inconsapevole. Credo che da un libro non si possa proprio chiedere altro.
P.S.
Appuntamento imperdibile il 24 giugno: La Febbre del martedì sera, festa per 78.08. Oltre a Tommaso Labranca interverranno Elio Fiorucci, Viola Valentino e Sabina Ciuffini. Special guest: Andrea Roncato. Non c'è davvero nient'altro da aggiungere.
5 commenti:
Io l'ho già riletto due volte.
Labranca è il solito mago della parola: il modo in cui sceglie e accosta i termini procura quasi un piacere fisico. E ha un talento straordinario nel rendere veramente odiosi i personaggi negativi.
Se però mettiamo da parte la forma e parliamo dei contenuti, confesso che non lo trovo poi così lucido. E' ovvio che, sparando a zero su tutto e su tutti, centra parecchi bersagli. Ma ho l'impressione che si illuda di fare critica sociale, mentre in realtà sta solo mettendo in scena le sue personali nevrosi e idiosincrasie.
Inoltre, nella foga di abbattere i suoi bersagli, mi sembra che sostituisca troppo spesso lo stiletto con la clava.
Prendiamo il mio personaggio preferito, il Barracuda. Ignorante e provinciale, ma convinto di essere figo e cosmopolita, il Barracuda va a New York e si esalta davanti a Zara, un negozio che avrebbe potuto trovare anche a Milano.
Il fatto in sé è già abbastanza emblematico e divertente. Eppure Labranca sente il bisogno di aggiungere un paragrafo nel quale ci spiega perché il Barracuda è un imbecille. Ecco, magari c'eravamo già arrivati da soli.
Questo è uno tra i molti esempi possibili: Labranca crea personaggi stupidi, platealmente e inequivocabilmente stupidi, e nonostante ciò vuole spiegarti perché sono stupidi.
E' come se ci tenesse a ribadire concetti già evidenti. Come se non avesse fiducia nelle proprie capacità di esprimere quelle idee, o nella capacità del lettore di recepirle. Concedici un po' di credito, T-La! Non siamo tutti Barracuda.
Insomma, penso che lasciando qualcosina di implicito il romanzo avrebbe ci guadagnato in sottigliezza, e non mi riferisco allo spessore del volume.
Comunque, a parte queste mie fisime, resta un gran romanzo. Anche se in fondo è un trattato travestito da romanzo, proprio come l'Isolazionista era un romanzo travestito da... non saprei.
Credo che quello di Labranca sia una scelta ben precisa, quasi "scientifica" oserei dire. Per questo motivo specifica e sottolinea anche i particolari che potrebbero sembrare scontati.
Per quanto riguarda la "critica alla società" invece non sono così d'accordo: i personaggi e i libri di Labranca criticano, è vero, ma nel senso più alto e letterario del termine. E qui ritorno il punto di vista "scientifico" che ho accennato prima e che mi piace moltissimo. Questa precisione tecnica è veramente sublime.
Per quanto riguarda "Il piccolo isolazionista invece" ci sarebbe tanto, tantissimo da dire: credo che si tratti di uno dei libri più incredibilmente sottovalutati di tutti i tempi, un libro profondo e credo anche doloroso per l'autore. Insomma, un pilastro.
Non vorrei aver dato l'impressione che il Piccolo Isolazionista non mi sia piaciuto. Al contrario, penso che sia il Labranca definitivo.
Andrea Roncato ora è protagonista di un nuovo film. Guarda il trailer Ho ammazzato Berlusconi
Ho visto il trailer: spettacolare!!!!!!!!
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