Ieri, a Torino, noi c’eravamo.
Non è una cosa da poco perché, a dirla tutta, ieri, a Torino, una nuova pagina di storia d’Italia è stata scritta. E noi, nel nostro piccolo, abbiamo contribuito.
Di cosa parlo? 25 Aprile, V-Day (dove la V sta per Vaffanculo), Beppe Grillo in piazza con davanti migliaia di italiani, per ore, a parlare, cantare (non cantava proprio Grillo, ma era lui che continuavi a sentire, sul palco), e mandare "in mona" chi davvero non ci va giù. Non lo sapevate? Siete gli unici, in Italia, a non esservene accorti.
Ma torniamo alla sera prima. Scenetta: “Domattina dobbiamo svegliarci presto per andare a casa di Celentano” “Chi, Adriano?”. Sì, proprio Adriano. Strano mondo. Una pensa di andare a urlare parolacce in piazza e si ritrova in viaggio, al freddo e col sedere a pezzi per colpa della moto, verso casa di uno dei più grandi cantanti italiani. Che poi, a casa sua, non ci siamo mai arrivati, che il DVD con il suo intervento per lo spettacolo ce lo abbia consegnato in paese un signore simpatico con un cane, questa è un’altra storia. Noi, quel viaggio verso Celentano, l’abbiamo fatto.
Poche ore dopo, a Torino, quel video lo abbiamo visto con decine di migliaia di altre persone, al caldo di una giornata bellissima, perché nessuno può essere triste in piazza, davanti a Beppe Grillo, neanche il sole.
Lo spettacolo lo abbiamo seguito dal gazebo della regia, assieme a Filippo che si smezzava, e si smazzava, tra le slide da far apparire sui maxischermi e i collegamenti dalle altre “postazioni V-Day” in giro per il mondo. Uno spettacolo, vederlo lavorare, dico sul serio, come se fosse la cosa più facile del mondo, al centro del casino, a metà strada tra il mixer e quei piccoli schermi da regista (non avete idea di quanto io sia affascinata, da quegli schermi. La folla minuscola, gli omini piccoli piccoli, la stessa immagine ripresa dieci volte da dieci angolazioni diverse, tutte lì nei tuoi occhi nello stesso momento, e tu ne devi scegliere una, e solo una, e darle la vita, sullo schermo principale. Le altre, gli altri omini che salutano con la mano, gli altri particolari di quella scena così piccola complessa via, nel dimenticatoio, adieu. E mi affascina chi ci sta dietro, con l’aria di non sapere che è un lavoro magico, quello, un lavoro sacro, a ben vedere, perché è così, che io mi immagino lavori Dio, tutto il giorno. Seduto lì, davanti a migliaia di piccoli schermi tv, a guardare le varie inquadrature della nostra vita, quaggiù, e a decidere quale mandare in onda. Non è una cosa da poco, quella). Insomma, uno spettacolo. Potrei andare avanti a scriverne per ore, e sarei potuta andare avanti a guardarlo, per ore, quel circo, dico sul serio, ma, ad un certo punto, ho smesso. Perché c’era altro, lì, da vedere, e su cui scrivere.
Non parlo della raccolte di firme. Non parlo neanche degli interventi, o della musica. E non parlo di Beppe Grillo.
Parlo del Vaffanculo.
Pensavo, sciocca io, che un Vaffanculo Day dovesse avere per lo meno un retrogusto di rabbia, e fischi, e fegati rosi da un sistema sbagliato. Sciocca io, ripeto. Quelli sono Vaffanculo al gusto di speranza. Sono Vaffanculo, sì, ma col sorriso.
Dice Grillo, all’inizio del tutto (molto biblica come espressione, ma rende l’idea), che in molti hanno paura di loro, ma non perché usino spranghe o predichino violenza, ma perché li prendono per il culo. Quella è l’arma più forte, quello il sistema, la medicina, la cura. Il sorriso. Grillo ci salverà tutti col sorriso. Non parlo della sua abilità nel far ridere la gente, no, per quello basterebbe un comico qualsiasi. Lui ha la capacità di dare speranza, ancora meglio, di far nascere nuova speranza, ancora meglio, di far nascere il desiderio di creare nuova speranza. Gli italiani collegati da New York (segnaliamo, in proposito, il cartello, meraviglioso, simbolo della giornata e del pensiero di chi, la patria, la vede da lontano. "HELP ITALY!"), gente che è all’estero perché non si trovava a suo agio in una nazione in cui tanto ci sarebbe da cambiare, oggi sente la speranza di tornare a vivere in un’Italia più matura come una possibilità reale, non più come un volo della fantasia. E quelli che erano in piazza a Torino, e a Milano, e a Viareggio, e nelle altre tantissime piazze che erano collegate in un V-Day mondiale, sanno oggi più di ieri che si può fare. Che non bisogna smettere di sperare in una nazione migliore, che non bisogna smettere di provarci, che non bisogna smettere di fare e dire e farsi sentire. E non bisogna smettere di sorridere, neanche quando si è arrabbiati, neanche quando si urla “VAFFANCULO” con tutto il proprio fiato, perché non è il Vaffanculo della rassegnazione, quello, ma della speranza.
Ieri, per quanto già prima apprezzassi Beppe Grillo, credo di aver davvero capito cosa stia facendo. Sta prendendo un’Italia un po’ rassegnata, un’Italia che guarda alla propria vita scrollando le spalle in gesto di resa, e le sta restituendo la voglia di provarci, a migliorare. A provarci ridendo.
Ieri è stata riscritta la storia. Ma non parlo della storia politica o della storia economica. Forse anche quello, me lo auguro, ma mi riferisco ad altro. Ieri è stata riscritta la storia dei sentimenti degli italiani verso la loro Italia. Ieri è stata riscritta la storia di una parola che l’altro giorno significava rabbia, e oggi significa speranza. Ieri è stata riscritta la storia della liberazione dei nostri desideri, e della parola Vaffanculo. E noi, portando un DVD con la testimonianza di Adriano Celentano, abbiamo messo la nostra piccola firma a questo evento grandioso. Siamo parte della storia anche noi, da oggi.
E scusate se è poco.
Dimenticavo. Vaffanculo. Ma col sorriso.
Dharma e Homer
sabato, aprile 26, 2008
25 aprile, la Liberazione del Vaffanculo
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