mercoledì, aprile 23, 2008

barnum in via capecelatro



"La prima cosa a cui si può pensare, guardando fuori dalla finestra di questo condominio è: quell’architetto doveva essere pazzo, o ubriaco, quando ha concepito questo quartiere. Palazzi- obbrobri a perdita d’occhio, dai colori improponibili, feriscono le nostre retine ogni mattina al risveglio e si nascondono, forse per un innato senso del pudore, all’arrivo dell’oscurità. Puoi anche arrivare a conviverci, con tanta bruttezza, ma amarla, quello no. Così, poi, la mente ti sorprende in modi inaspettati. E’un meccanismo di difesa, questo lo si può anche capire. Si difendono, le nostre menti, dalla vita nuda e cruda, portandoti in mondi che davvero non te li aspettavi. (Permettetemi una parentesi di difesa a favore di quel povero architetto. Io me lo vedo, un uomo che ha seguito i propri sogni, studiando e lavorando come un cane tutta la vita che poi, si sa, ti toglie tutta la poesia, e l’amore, e la bellezza. E non c’è molto da stupirsi se, nell’immaginare un quartiere di Milano, il meglio che sia riuscito a fare, un uomo sconfitto, sia proprio stato solo questo).
Dicevo, appunto, che in qualche modo noi gente normale dobbiamo pur salvarci dalla bruttezza. E allora, ogni tanto, guardando quei palazzoni che tanto irritano il nostro senso estetico non vediamo più mattoni, e calce, e vernice di infima qualità. Noi vediamo persone. Per ogni finestra un uomo, una donna vivono ogni giorno vicino a noi vite comuni, eccezionali, scontate. E in ogni finestra che noi contiamo si nascondono infinite storie che, a nostra insaputa, scorrono ogni giorno, molto più interessanti di qualsiasi telefilm o soap trasmessi in televisione.
Sarebbe molto più bello se la sera, su Canale 5, potessimo selezionare la storia della finestra di fronte, quella con le tendine di pizzo, una volta, in quella casa, deve esserci passata una donna, e aver lasciato, di tutti i ricordi possibili, solo un profumo di bucato fresco, e quelle tendine. Oppure quella del terrazzo tutto verde, io me lo vedo il proprietario di quel terrazzo, nonostante non lo abbia mai incontrato, lo vedo distintamente, con la giacca e la cravatta impeccabili ogni giorno al lavoro, l’orologio da mille euro al polso, la fronte aggrottata e il fegato in malora dallo stress. E una macchia di terra su un dito, l’odore, inconfondibile, di chi le sue piante le pota da solo, in un esatto gesto di salvezza dalla città e dal suo rumore, lassù, all’ultimo piano, a respirare l’ossigeno ricevuto in dono in cambio di tante cure e amore.
Sarebbe tanto più facile, e gentile, vivere in questo quartiere. In questa città. Sarebbe dolce, tutto, anche le brutture, anche lo smog, anche le sirene per strada la notte. Sapere che domani ti sveglierai, guarderai fuori, saluterai le vite che ti scorrono accanto, compagne inconsapevoli della tua quotidianità. Svegliarsi, e sorridere. Perché lo sai, lo spettacolo continua, oggi, e ne fai parte anche tu."


Dharma e Homer

1 commento:

Giacomo Brunoro ha detto...

Caro Teo, non essere così drastico dai, vedessi i posti in cui ho abitato io a Milano, altro che Zona San Siro! E poi quando vuoi passa da me che il cd di Satch è arrivato...